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CARATTERIZZAZIONE DEI REFLUI INDUSTRIALI E PRINCIPI DI DEPURAZIONE BIOLOGICA

Pubblicazione

Data: 04-2008

Autore: Giulio Munz PhD – Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Firenze

Collana: BT - 42 - Apr 08 - Il riutilizzo delle acque industriali usate attraverso i processi di depurazione tradizionali e non

Note:
L’interesse per le soluzioni innovative di trattamento dei reflui industriali è cresciuto in modo considerevole negli anni recenti. Un’analisi della bibliografia di settore suggerisce come a fianco di un rinnovato interesse per i trattamenti di tipo chimico-fisico prendono sempre più piede processi di tipo biologico a carattere più marcatamente refluo-specifici e processi combinati, in cui la parte chimico-fisica lavora in stretto rapporto con il trattamento biologico al fine di renderlo possibile, riducendo per esempio la componente tossica e biorefrattaria del refluo, o di affinarlo ulteriormente prima dello scarico. Se la natura dei reflui industriali ha reso necessario lo sviluppo di processi ad hoc, simile è stata l’evoluzione dell’approccio alla caratterizzazione dei reflui industriali; essa si è infatti evoluta attraverso metodi di indagine sempre più mirati sulla tipologia di refluo analizzato. Essendo il trattamento biologico una fase quasi sempre presente nell’ambito di una filiera di trattamento, un elemento centrale nella caratterizzazione di un refluo consiste nella valutazione di ciò che viene solitamente definito biodegradabilità. La biodegadabilità, per quanto attiene all’ambito delle scienze ambientali, è una categoria che può essere attribuita ad un substrato esclusivamente facendo riferimento a due condizioni: • la comunità di microrganismi (che di seguito verrà denominata biomassa); • le condizioni chimico fisiche presenti e passate, ovvero lo storico delle condizioni ambientali. Ne consegue che la caratterizzazione di un refluo per un processo biologico implica la necessità di caratterizzare una biomassa. Per questo nelle pagine che seguono si forniranno elementi utili alla caratterizzazione dei reflui in funzione delle biomasse che più comunemente sono utilizzate nei processi di depurazione, ovvero biomasse autotrofe nitrificanti e biomasse eterotrofe. Da un punto di vista tecnico-scientifico la descrizione dell’interazione tra le biomasse ed i rispettivi substrati è affidata a modelli matematici sviluppati per la descrizione dei processi a fanghi attivi quali gli ASM 1, 2 e 3 dell’International Water Association (IWA). L’utilizzo dei suddetti modelli non può tuttavia prescindere dalla possibilità di disporre di strumenti adatti a stimare le cinetiche e la stechiometria dei processi da essi descritti. Le tecniche respirometriche, e più recentemente le tecniche tritrimetriche si sono affermate negli ultimi anni come lo strumento d’indagine principale per la stima delle costanti cinetiche e stechiometriche relative alla biomassa e per la caratterizzazione dei reflui. Per quanto riguarda il trattamento di reflui civili l’applicazione di tecniche respirometriche ha raggiunto ormai un elevato grado di standardizzazione e di diffusione, e altrettanto può dirsi della modellistica che sottende alle procedure di caratterizzazione e che trova nei modelli ASM dell’IWA un riferimento ampiamente riconosciuto (si veda per esempio Spanjers et al., 1995, Andreottola et al., 2001, Roeleveld and Van Loosdrecht 2002). Nel caso del trattamento di reflui industriali appare invece utile un ulteriore sforzo nella direzione di una più robusta definizione delle procedure e della modellistica da adottare e del confronto tra i risultati ottenuti.


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